Questo sito può far uso di widget di terze parti che utilizzano i cookies.
Per maggiori informazioni leggi la nostra cookie policy
Grazie oblio che mi fai ricordare

Grazie oblio che mi fai ricordare


Pubblicato il 09/06/2024

Quante dimenticanze e smemoratezze tormentano le nostre giornate!

Come si chiama quella persona?
Quand’è il compleanno della mia amica?
In quale anno siamo andati in quel villaggio?
A che ora ho l’appuntamento?

E così via, in una lunga lista di episodi in cui la memoria ci gira le spalle, lasciandoci senza risposta.

Il cervello dimentica, non c’è dubbio. Ma la stragrande maggioranza delle persone ritiene che ciò accada a causa dell’invecchiamento e, una buona parte di queste, è seriamente preoccupata dell’approssimarsi di una malattia dementigena. Va bene tutto, ma facciamo un po’ di ordine.

Il cervello dimentica a tutte le età, sia a 20 anni sia a 80, la differenza sta nella frequenza di tali episodi, che aumenta con l’età, ma soprattutto nell’attenzione che viene posta su questi avvenimenti.

A 20 anni non ci si preoccupa affatto, si tira dritto; a 40 anni si osservano questi fenomeni con un po’ di apprensione, niente di più; dopo i 60 anni di fronte ad una dimenticanza scatta subito la preoccupazione per l’eventuale insorgenza di una malattia. Fortunatamente con l’età si diventa più consapevoli e attenti di fronte a queste smemoratezze, circostanza che ci consente, oltre che preoccuparci, di cercare dei validi rimedi.

E’ vero comunque che con l’età rallentano i processi biochimici dell’apprendimento, quindi un’informazione impiega più tempo ad essere memorizzata e a volte si perde rapidamente. Si aggiunga che non siamo soliti utilizzare strategie per memorizzare, aspettandoci, magicamente, che il cervello memorizzi un dato soltanto perché abbiamo prestato attenzione a quell’informazione.

Le cose non stanno esattamente così. Per apprendere si devono utilizzare gli strumenti adeguati. Al pari di qualsiasi attività in cui si ’costruisce’ qualcosa, anche memorizzare è un’attività in cui si costruiscono i ricordi. Quindi servono ‘attrezzature’, ossia le strategie di memoria che abbiamo già dalla nascita ma che utilizziamo poco, non si può fare diversamente.

Ma fermiamoci qui con i fatti di memoria e facciamo un passo indietro, stiamo parlando di dimenticanze e oblio.

La novità è la seguente: per funzionare bene, la memoria deve dimenticare!
Sembrerebbe un paradosso, quasi un ossimoro, eppure l’oblio non è in contrapposizione con la memoria, ma è un suo meccanismo fondamentale.

Mi spiego meglio con un esempio.

Le immagini sulla retina restano impresse al massimo per 1/4 di secondo prima di venir cancellate, il tempo necessario per l’arrivo dell’immagine successiva. Se l’immagine precedente non venisse "dimenticata", a questa si sommerebbero tutte le altre fino ad avere una visione della realtà completamente confusa in cui non si ha più la visione nitida delle cose. Così come le immagini sulla retina hanno necessità di essere cancellate dopo 250 millisecondi per dare spazio alle immagini successive e crearsi quindi la sequenza di ciò che vediamo senza sovrapposizioni (ciò avviene anche per l’udito, ma il tempo di permanenza è ancora più breve), così deve avvenire per la memoria.

Innanzitutto, la memoria a breve termine deve mantenere le informazioni per il tempo necessario ad essere elaborate, dopodichè deve lasciare spazio alle informazioni successive.

Se mentre leggiamo questo articolo l’oblio non cancellasse dalla memoria a breve termine le parole lette nelle frasi precedenti, il cervello sarebbe ingolfato da un groviglio di parole e non riuscirebbe a dare significato al testo e quindi a dare un senso complessivo all’articolo.

Per quanto riguarda la memoria a medio-lungo termine, anche in questo caso l’oblio gioca un ruolo fondamentale nella pianificazione delle attività e nel prendere decisioni. Ad esempio, i Savant, una categoria particolare dei soggetti autistici che tra le varie caratteristiche hanno anche una ipermnesia, ossia possono ricordare qualsiasi cosa, come decine di libri, una partitura musicale complessa e altre quantità enormi di informazioni. Ma pagano a caro prezzo questa supermemoria, in quanto non riescono a scoprire cose nuove, a risolvere problemi e ad applicare le loro conoscenze in contesti quotidiani.

Per la memoria a lungo termine, invece, è più difficile accettare il lavoro dell’oblio. Non ricordare nomi di persone o altre notizie degli anni passati può essere frustrante!
Si vorrebbe ricordare tutto, ma la memoria è fatta per sopravvivere e non per ricordare gli elenchi telefonici. Serve per ricordare le cose importanti della vita e costruire la nostra identità.

Un altro fenomeno è non ricordare temporaneamente qualcosa, le informazioni ci sono e verranno in mente più tardi. Ma questo riguarda il recupero delle informazioni, di cui parleremo in un’altra occasione.

In definitiva, l’oblio non è contrapposto alla memoria, ma è parte integrante di essa. L’oblio è per la memoria ciò che lo scultore è per la scultura. L’oblio leva via tutto ciò che è superfluo e lascia che la memoria si manifesti nelle sue parti più importanti. Tutto il resto è materiale di risulta.

Prof. Giuseppe Alfredo Iannoccari - neuropsicologo, presidente di Assomensana, docente all'Università di Milano