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PREVENIRE L'INVECCHIAMENTO CEREBRALE


Prevenire l'invecchiamento cerebrale

La ricerca nell’ambito delle neuroscienze ha messo a punto strategie per migliorare le prestazioni cognitive, prevenendo e ritardando l’esordio del decadimento cognitivo, considerato dalle persone la causa principale del “sentirsi vecchi”.

Il cervello è composto da circa 100 miliardi di cellule nervose: i neuroni. Queste cellule comunicano tra di loro per mezzo di ramificazioni chiamate dendriti, che aumentano di numero quando il cervello apprende nuove informazioni o affronta compiti insoliti. Col passare del tempo, però, il numero dei neuroni si riduce sempre più e con esso anche l’efficienza delle abilità cognitive e intellettive: memoria, attenzione, concentrazione vanno incontro ad un progressivo logoramento.

Negli anni ’50, Rita Levi Montalcini e Victor Hamburger, della Washington University di St. Louis (USA), hanno individuato una proteina: il Nerve Growgth Factor (NGF) o fattore di crescita neuronale, la quale è una neurotrofina che viene prodotta dalle cellule cerebrali a seguito di apposita stimolazione da parte dei neuroni afferenti. Sulla scia degli studi iniziati oltreoceano, negli anni ’80, Yves Bard del Max Panck Institute di Monaco (D), ha individuato un’altra molecola, il Brain-Derived Neurotrophic Factor (BNGF) che, a differenza dell’NGF, è presente in quasi tutto il cervello, corteccia compresa. Queste neurotrofine, quando prodotte dalla stimolazione neuronale (e non quindi indotte dall’esterno), sviluppano e incrementano le connessioni tra le cellule.

In particolare, quelle dell’ippocampo, struttura sottocorticale nota per essere la sede della memoria e dell’apprendimento.

L’NGF e il BNGF hanno la proprietà di “nutrire” la cellula e di preservarla dall’invecchiamento. Anzi, oltre a posticipare l’apoptosi della cellula (il “suicidio” cellulare), ne aumentano anche le dimensioni e le preziose ramificazioni che collegano tra loro i neuroni. Questa condizione dà vita al cosiddetto fenomeno della “plasticità neuronale”, ossia la disponibilità delle cellule a riorganizzarsi per vicariare le cellule che sono morte o sono state danneggiate da insulti ictali o traumatici o che sono venute meno per invecchiamento fisiologico.

Questo fenomeno si verifica, e questo è il dato più sorprendente, a qualsiasi età.

Le cellule sono organizzate, in modo complesso e ancora in parte sconosciuto, in aree o distretti funzionali specializzati a svolgere precise funzioni (attenzione, concentrazione, memoria, logica, ragionamento, fluenza verbale, pensiero, creatività ecc. se parliamo delle funzioni “superiori”).

Ogni distretto è composto da centinaia di milioni di cellule. Il cervello, se anche non può generare nuovi neuroni (anche se sono in corso nuove studi sul ruolo delle cellule staminali presenti nell’encefalo), può però sviluppare il substrato anatomico e di conseguenza migliorare le performance cognitive.

E’ indubbio quindi che le strutture cerebrali deputate ad esprimere le funzioni mentali possono essere sviluppate e potenziate anche in età avanzata, purchè l’ambiente sia in grado di fornire gli stimoli adeguati per sollecitare le strutture interessate.

L’esperienza comune ci conferma come sia possibile apprendere nuove informazioni, procedure e schemi comportamentali a qualsiasi età, anche in un periodo intransigente come quello senile.

È possibile conquistare abilità di mnemonica, acquisire capacità di linguaggio che aumentano la fluenza verbale o il seguire un discorso articolato e complesso, orientarsi in grandi spazi o apprendere nuove procedure (ad es. una lingua straniera o l’uso del pc) meglio di quanto avvenisse negli anni precedenti. Ma ciò avviene solo a condizione che si stimolino adeguatamente tutte le abilità mentali: i risultati scientifici confermano questo dato.

Nel 2006, l’Associazione Mens Sana, da sempre impegnata in attività di ricerca per individuare i meccanismi che consentono di prevenire il declino cognitivo e le patologie neurodegenerative ad esso correlate, ha condotto una ricerca durata sei mesi con 60 persone (età media =65 anni e dev.st. =5), nel corso della quale si sono svolti incontri di stimolazione cognitiva per un’ora a settimana.

Durante questo periodo sono state stimolate numerose abilità cognitive e si è riscontrato un miglioramento significativo di alcune di queste: le memorie verbale e visiva, la velocità di riflessi e la capacità di pianificare, organizzare e gestire eventi complessi.

Anche le testimonianze raccolte durante gli incontri confermano questi dati. Più di 500 “over 50” hanno riferito di aver migliorato le prestazioni cognitive, di aver ripreso hobby e attività che sembravano difficili da portare avanti, di aver intrapreso con maggiore fiducia nuovi impegni e, non ultimo, hanno manifestato un maggior slancio e una sensibile diminuzione di quella “nebbiolina” depressiva che si avverte quando le persone credono che la propria mente stia declinando irrimediabilmente.

Anche l’alimentazione costituisce un valido aiuto per rallentare l’invecchiamento cerebrale. Le vitamine B1-B6-B12, l’acido folico, gli Omega3 e 6, il manganese ecc. sono necessari per una buona salute cerebrale, così come l’integrazione di sostanze in grado di contrastare l’eccesso di radicali liberi, fenomeno che determina lo stress ossidativo, responsabile dell’invecchiamento accelerato delle cellule e causa scatenante di numerose patologie croniche.

Da tutto ciò, si rileva come la prevenzione dell’invecchiamento cerebrale sia una manifestazione specifica, correlata agli stili di vita, alle attività di stimolazione e ad una corretta alimentazione.

Fornire i giusti nutrimenti e impegnarsi in attività stimolanti sono condizioni indispensabili per sviluppare i diversi distretti cerebrali e prevenire il declino cognitivo. E’ il modo per arricchire la mente e renderla più duttile e flessibile, ricordando l’adagio che “si sviluppa ciò che si stimola e si perde ciò che non si usa”.


30/05/2010 00:00:38

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