Alla ricerca della felicità
Trattata da poeti e musicisti, ispirazione per romanzieri e cinematografi, dipinta da artisti, indagata da filosofi e psicologi... la ricerca della felicità caratterizza l’uomo dalla notte dei tempi: è uno stato d’animo, o meglio definito come un processo che prende il via da uno stimolo interno o esterno, con evidenti manifestazioni sia a livello fisiologico e cognitivo sia comportamentale.
I segnali che la caratterizzano appaiono ben chiari all’individuo che tenderà ad essere pervaso da un senso di benessere, con l’umore alle stelle, pieno di energia e voglia di fare, rispondendo creativamente agli stimoli del mondo esterno che apparirà così più luminoso, ricco di possibilità che prima parevano nascoste e una sensazione generale di abbondanza.
La felicità rientra nella sfera delle emozioni, in passato del tutto trascurate da parte degli scienziati che erano più concentrati a indagare solo le funzioni superiori come uniche facenti parte della sfera mentale, confinando le altre nella sfera istintuale.
Oggi, grazie al supporto delle neuroscienze, le emozioni risultano essere il prodotto di meccanismi che coinvolgono “processi percettivi e di monitoraggio attivi e in continuo sviluppo adattivo”, ricoprendo quindi un ruolo centrale nella vita di un individuo, sulla base delle quali il soggetto agisce, prende decisioni, sviluppa il proprio percorso in una direzione piuttosto che in un’altra, dotando così senso la propria esistenza.
Quanto conta, quindi, esser felici o, al contrario, tristi e demotivati?
La felicità, come tutte le altre emozioni, può essere definita come un processo in continua evoluzione, con un decorso a intensità variabile e non necessariamente inscrivibile in un preciso arco temporale con un inizio e una fine.
Possiamo legare la felicità alla motivazione, a quella spinta vitale che porta l’essere umano a procedere e “fluire” nel percorso che ha scelto.
Iniziamo a dire che la felicità è una scelta poiché, seppure potrebbe sembrare del tutto staccata dalla sfera intenzionale quasi come determinata dall’esterno o dal patrimonio genetico (felici o tristi si nasce) essa invece è una combinazione di fattori che si possono attivare e mantenere consapevolmente nella nostra vita.
Un articolo di Jolanta Burke, Senior Lecturer, del Centre for Positive Psychology and Health, RCSI University of Medicine and Health Sciences (Irlanda) spiega come, seppure la componente genetica sia importante, molto del nostro esser felici dipende dall’interazione tra la genetica e l’ambiente in cui viviamo.
Studi di genetica molecolare mostrano come le strutture dei geni non siano fisse ma modificabili: essi influenzano il comportamento che aiuta le persone a scegliere il proprio contesto e questo, a sua volta, influenza l’espressione genetica ristrutturandola, appunto.
Come allenare la plasticità genetica per essere felici?
Da un punto di vista biologico si tende a parlare di ormoni della felicità, come molecole multifattoriali prodotte naturalmente dal nostro organismo e regolabili da spinte nutritive e comportamentali che ne garantiscono la produzione e sono: endorfine, serotonina, dopamina, ossitocina.
Vivere sensazioni positive è fondamentale per il comportamento umano (e anche per quello animale). Non solo favoriscono l’equilibrio psicologico, ma ci assicuriamo anche la sopravvivenza.
Con esse troviamo la motivazione per agire, nutrirci, costruire ambienti più funzionali, relazionarci agli altri, riprodurci, prenderci cura degli altri.
Le endorfine, ad esempio, sono neurotrasmettitori endogeni, ossia prodotti naturalmente dal cervello e hanno un ruolo fondamentale nella sensazione di benessere, ma anche nella percezione e regolazione del dolore e dell’umore.
Possono essere stimolate con atteggiamenti legati al rilassamento psico-fisico come ascoltare musica, sorseggiare tisane a base di lavanda e vaniglia, lasciarsi coinvolgere da un film divertente, da un abbraccio o da un momento di gioco e interazione con il nostro animale domestico, fare sport, come attività aerobiche che ci consentano di sentirci distesi e pieni di energia fisica e mentale.
Senza entrare nel dettaglio delle funzioni di tutti questi neurotrasmettitori, basti pensare che ad ognuno di essi sono legati “funzionamenti” del nostro organismo che, coinvolgendo svariati organi, condizionano il sonno, la memoria e, più generalmente, il senso di gioia e di felicità, di autostima e di empatia, aumentando così la fiducia in noi stessi e nel prossimo con conseguente propensione alla socializzazione, alla comprensione degli altri, ai rapporti affettivi e al buon funzionamento delle abilità cognitive nel loro complesso.
A questo proposito, una mente lucida è il derivato della regolazione di queste molecole attraverso tanti aspetti che Assomensana tratta frequentemente: nutrizione equilibrata, igiene del sonno, pensiero positivo, gestione dello stress e delle emozioni, rapporti interpersonali, attività fisica, allenamento mentale ecc.
Così si incrementa la produzione di sostanze connesse al sentir crescere il proprio benessere generale che, in un circolo virtuoso, genera un atteggiamento mentale positivo verso tutti gli aspetti della vita.
Questo plasma la percezione di benessere e di felicità che si riverserà inevitabilmente su tutto ciò che ci riguarda: a partire dall’organismo fino alle abilità mentali e ai rapporti con gli altri, andando a costruire un ambiente, interno ed esterno, ideale e ottimale che si coltiverà e si manterrà per tutto l’arco della vita.
Dott.ssa Elena Mazzei, E-Learning Format Video Developer
04/08/2024 10:58:34