Il difficile lavoro della memoria verbale
Quanto ricordo di una notizia ascoltata alla radio o TV o raccontata da una persona?
C’è differenza nel ricordare ciò che vediamo, odoriamo, assaporiamo e tocchiamo da ciò che sentiamo?
Iniziamo a dire che le vie di accesso alla memoria sono almeno 5 e corrispondono ai 5 sensi.
1. Ricordiamo attraverso l’olfatto. Riconosciamo facilmente una persona dal profumo indossato o l’odore di un cibo in cottura. A volte è sufficiente risentire un odore che abbiamo sentito tanto tempo fa per riportare alla memoria ricordi lontani anche di parecchi anni o decenni. Ma lo sappiamo: la supremazia dell’olfatto è dovuta al fatto che questo senso è l’unico ad avere un collegamento diretto tra le cellule sensoriali e il cervello. Le cellule che percepiscono gli odori posizionate all’interno della cavità nasale proiettano direttamente al centro del cervello, senza altre mediazioni come invece avviene con gli altri organi di senso.
2. Ricordiamo attraverso la vista. L’essere umano è una specie diurna, che vive di giorno, e quindi ha avuto la necessità di sviluppare maggiormente la vista rispetto agli altri sensi (i pipistrelli hanno sviluppato l’udito, i serpenti l’olfatto e la termica ecc.). Le aree dedicate all’elaborazione delle informazioni visive sono fra le più estese del cervello: ricopre un’area, il lobo occipitale, posta dietro la nuca e grande come una banconota da 20 euro! Ricordare un oggetto già visto è un compito relativamente facile per la nostra memoria. Lo sanno bene gli studenti che riferiscono con orgoglio di avere una buona ‘memoria fotografica’ e di ricordare le nozioni in base alla pagina del libro. Anche i volti si ricordano abbastanza facilmente (non altrettanto i nomi a essi associati!), anche se questi, i volti, sono registrati in un’altra struttura cerebrale, il giro fusiforme, posizionato nell’emisfero destro del cervello, più o meno dietro l’orecchio.
3. il tatto, attraverso il quale ricordiamo numerose informazioni di un oggetto, dalla forma alla consistenza, dalla superficie alla temperatura. Riconosciamo facilmente un oggetto anche solo toccandolo. Dopo una breve esplorazione tattile, la memoria richiama la forma che corrisponde meglio a quella appena esplorata. Ma il tatto non si ferma all’uso delle mani, che sicuramente sono i mezzi principali di riconoscimento tattile, ma anche attraverso l’intera superficie del corpo. Immaginiamo di avere un granello di sabbia nel letto o una piuma che sfiora la schiena. Stimoli minimali come questi sono sufficienti per farci avvertire delle sensazioni e riconoscere quanto sta accadendo. Così come toccare le pagine di un libro che stiamo leggendo consente un’esperienza più intensa rispetto alla sola lettura delle pagine di un e-book. Lo sanno bene gli esperti del marketing che preparano le brochure e le confezioni dei prodotti prediligendo carte di qualità che, oltre alla vista, anche al tatto diano una sensazione di gradevolezza rispetto a materiali di bassa qualità che veicolano un messaggio negativo legato al prodotto. E più la sensazione tattile è profonda più la memoria tenderà a ricordarne i dettagli anche a distanza di anni.
4. il gusto è la via di accesso alla memoria che consente di rievocare sapori anche a distanza di decenni. Ma è anche uno dei sensi che può essere ingannato di più. Per quanto bastino piccole quantità per riconoscere un alimento, pensiamo a quanto zucchero o sale sono necessari per la lingua per riconoscere se si tratti dell’uno o dell’altro, tuttavia il gusto necessita del supporto dell’olfatto per essere efficace. Se l’olfatto è interdetto, come quando si ha il raffreddore, il gusto perde la sua capacità di riconoscere i cibi e quindi di memorizzarli.
5 l’udito. A ben pensarci è la via di accesso sensoriale più precaria e più recente in termini di sviluppo evolutivo. E’ precaria perché l’apparato uditivo è formato da una struttura anatomica delicata che declina negli anni più degli altri sensi. A livello evolutivo, il genere umano ha affinato questo senso abbastanza recentemente rispetto agli altri. Solo negli ultimi millenni della nostra storia, che risale a 5 milioni di anni fa, abbiamo sviluppato un linguaggio sofisticato tale da permetterci di creare gruppi sociali complessi e un’intelligenza al di sopra di ogni altra specie.
All’udito si associa la memoria verbale che, rispetto a tutte le altre, si posiziona agli ultimi posti in termini di efficacia.
Infatti, è vero il detto “se sento dimentico, se vedo ricordo, se faccio imparo”. Quando ascoltiamo un’informazione il sistema mentale è impegnato a comprendere ciò che ascolta, impiegando un’elevata quota di energia che viene sottratta alla memorizzazione.
Si aggiunga che molta dell’informazione che accresce il nostro patrimonio culturale viene veicolato proprio verbalmente; pensiamo alle lezioni scolastiche, alle notizie ascoltate alla radio e in tv, ai racconti fatti dalle persone. Se è vero che la memoria conserva meno del 10% di ciò che apprende, quindi più del 90% finisce nell’oblio, l’apprendimento verbale subisce un destino ancora più marcato.
Cosa fare?
Non abbiamo il tempo di aspettare qualche millennio per vedere potenziata questa abilità, allora alleniamola con 3 esercizi quotidiani:
- subito dopo aver ascoltato una notizia ripetiamo le 5 parole-chiave e intorno a queste ricostruiamo ciò che ricordiamo;
- attiviamo l’ascolto attivo, ossia ripetiamo e commentiamo mentalmente le informazioni mentre le ascoltiamo;
- ascoltiamo una canzone sconosciuta e ripetiamo qualche strofa che ci ha colpito di più.
Non ricorderemo tutto, ma almeno non ci sentiremo dire “te l’avevo già detto!”.
01/10/2022 11:35:39